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SEPARAZIONE: NON C’E’ PROVA DEL TRADIMENTO SE GLI SMS SONO GENERICI.

  • Immagine del redattore: Avv. Domenico Buccafurri
    Avv. Domenico Buccafurri
  • 14 ott 2020
  • Tempo di lettura: 4 min

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Il matrimonio è un legame che “dovrebbe” (il condizionale è d’obbligo) unire due persone finché la morte non li separi, tuttavia, al giorno d’oggi, ciò accade sempre più raramente, in quanto anche le coppie più longeve tendono a dividersi e divorziare.

I motivi per cui le coppie si separano e divorziano sono molteplici e dipendono, non di rado, anche dalla colpa, o dalla responsabilità, di uno dei coniugi come nel caso dell’adulterio, o, comunque, del tradimento del proprio partner: si pensi alla cosiddetta “scappatella”, oppure ad una vera e propria relazione extraconiugale.

In questi casi, la persona tradita è poco incline a perdonare il proprio coniuge, in quanto il comportamento tenuto da quest’ultimo è ritenuto tale da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza (art. 151, comma 1, del Codice Civile), e, pertanto, incarica un avvocato di avviare la pratica per la separazione con addebito.

Ed infatti, l’art. 151 comma 2, del Codice Civile, prevede che “il giudice, pronunciando la separazione, dichiara, dove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio”.

Pertanto, se il giudice accerta che la fine dell'unione coniugale è dovuta alla violazione, da parte di uno dei coniugi, dei doveri previsti dall'art. 143 del Codice Civile (tra i quali l’obbligo di fedeltà reciproca, di assistenza morale e materiale, di collaborazione nell'interesse della famiglia e di coabitazione), pronuncia la separazione con addebito.

L’addebito della separazione consiste, in pratica, in una sorta di responsabilità del coniuge che ha violato tali doveri e comporta per il trasgressore una serie di conseguenze pregiudizievoli, tra le quali la perdita o il mancato riconoscimento dell’assegno di mantenimento.

Questo perché secondo l’orientamento della Corte di Cassazione, l’obbligo di fedeltà coniugale reciproca si intende violato quando il comportamento messo in atto è tale da far venir meno la fiducia reciproca, offendendo la dignità e l’onore dell’altro coniuge, a prescindere dall’effettivo congiungimento carnale con un altro partner:

…l'obbligo della fedeltà, strettamente connesso a quello della convivenza e da intendere non soltanto come astensione da relazioni sessuali extraconiugali, ma quale impegno, ricadente su ciascun coniugo, di non tradire la fiducia reciproca, ovvero di non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale tra i coniugi, che dura quanto dura il matrimonio. In effetti la nozione di fedeltà coniugale va avvicinata a quella di lealtà, la quale impone di sacrificare gli interessi e le scelte individuali di ciascun coniuge che si rivelino in conflitto con gli impegni e le prospettive della vita comune. In questo quadro la fedeltà affettiva diventa componente di una fedeltà più ampia che si traduce nella capacità di sacrificare le proprie scelte personali a quelle imposte dal legame di coppia e dal sodalizio che su di esso si fonda (Cass. Cassazione civile, sez. I, sentenza 11.06.2008 n. 15557).

Si pensi anche alle ipotesi di "tradimento virtuale", ossia un adulterio attuato con il semplice contatto telefonico o telematico (Internet) tra individui che sono geograficamente molto distanti (Cass. civ., sez. I, 16 aprile 2018).

Perché sia pronunciata la separazione con addebito, il coniuge deve, tuttavia, provare in giudizio la condotta inadempiente dell’altro coniuge, e, pertanto, nel caso di violazione dell’obbligo di fedeltà, dovrà provare di essere stato tradito attraverso le dichiarazioni di testimoni e/o mediante l’utilizzo di altri mezzi di prova come, ad esempio, le fotografie ed i messaggi inviati tramite cellulare o smartphone (SMS, WHATSAPP, MESSENGER, etc.).

Proprio i messaggi avente contenuto, per così dire, “amoroso” ed inviati all’amante tramite cellulare o smartphone (SMS, WHATSAPP, MESSENGER, etc.) sono stati, infatti, ritenuti dalla Cassazione come motivi che giustificano l’addebito della separazione (Cass. Civ., Sez. I, Sent. n. 5510 del 6 marzo 2017; Cass., Sezioni Unite n. 8053/2014 e n. 8054/2014; Cass. n. 17825 e 19555 del 2013).

Del resto, i messaggi inviati all’amante sul cellulare o sullo smartphone devono avere un contenuto, in un certo senso, chiaro e specifico, dal quale sia possibile desumere elementi che consentano di stabilire e provare il comportamento del coniuge contrario all’obbligo di fedeltà.

Se, invece, il contenuto di tali messaggi non consente di accertare il comportamento presuntivamente lesivo tenuto dal coniuge, il giudice non può pronunciare la separazione con addebito, in quanto, in mancanza di altre prove, non è stato possibile dimostrare il tradimento, e, pertanto, la moglie avrà diritto all’assegno di mantenimento.

A tali conclusioni è recentemente giunta la Cassazione, la quale, nel confermare quanto stabilito in sede di gravame dalla Corte d’Appello di Lecce, ha rigettato il ricorso proposto da un marito che chiedeva di addebitare la separazione alla moglie (Cass. Civ., Sez. VI, Ord. n. 18508 del 4 settembre 2020).

Infatti, dalle prove testimoniali non era emerso, con certezza, che la donna avesse intrattenuto una relazione extra-coniugale con un’altra persona, mentre dal contenuto degli SMS si evinceva soltanto una generica richiesta di perdono, senza nessuno specifico riferimento alle motivazioni per cui tale perdono era stato richiesto.

Stando così le cose non poteva dirsi provato il tradimento della moglie e di conseguenza non poteva essere pronunciato l’addebito nei confronti della stessa, la quale manteneva il diritto a percepire l’assegno di mantenimento dal marito.




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