L’EX MOGLIE SI PORTA VIA LA TV DEL MARITO: È FURTO IN ABITAZIONE.
- Avv. Domenico Buccafurri

- 18 mar 2021
- Tempo di lettura: 2 min

La separazione coniugale porta con sé – non in tutti i casi a dire il vero – degli strascichi, delle conseguenze che si ripercuotono nei rapporti non solo con i figli, ma anche e soprattutto tra gli stessi coniugi, sia sul piano affettivo che su quello economico.
Pertanto, non è infrequente assistere ad accese dispute e discussioni tra marito e moglie separati (ad esempio su ciò che spetta all’uno o all’altra), che molto spesso sfociano in veri e propri dispetti reciproci e che, talvolta, possono persino essere ritenuti comportamenti penalmente rilevanti, e, quindi, veri e propri reati sanzionabili dal Codice penale.
LA VICENDA.
Protagonista della vicenda arrivata all’attenzione della Cassazione (Cass., Pen., Sez. IV, Sent. n. 10148 del 16 marzo 2021) è un ex moglie, condannata in primo grado dal Tribunale di Marsala per i reati di molestie (art. 660 codice penale), percosse (art. 581 codice penale), furto in abitazione (art. 624bis codice penale) e danneggiamento (art. 635 codice penale).
Infatti, la donna aveva portato via dalla casa coniugale una serie di beni appartenenti al marito: in particolare, una TV, un mobile porta-tv, alcuni tappeti ed un tavolino.
In secondo grado, la Corte d’Appello di Palermo confermava la condanna inflitta in primo grado, ad eccezione del reato di molestie ritenuto estinto per intervenuta prescrizione.
Contro la decisione dei Giudici d’appello, la ricorrente proponeva ricorso in Cassazione articolato su di un unico motivo.
Secondo la difesa della donna, la decisione della Corte d’Appello non era da ritenersi corretta, in quanto la condotta posta in essere dalla stessa andava considerata rientrante nell’art. 627 del Codice Penale (sottrazione di cose comuni), ad oggi depenalizzato, e non era stato provato in giudizio, secondo la regola di cui all’art. 219 del Codice civile, la proprietà esclusiva in capo al marito degli oggetti sottratti.
Recitava l’art. 627 del Codice penale: “Il comproprietario, socio o coerede che, per procurare a sé o ad altri un profitto, si impossessa della cosa comune, sottraendola a chi la detiene, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da euro 20 a euro 206. Non è punibile chi commette il fatto su cose fungibili, se il valore di esse non eccede la quota a lui spettante.”.
LA DECISIONE E LE MOTIVAZIONI DELLA CASSAZIONE.
La Cassazione ha ritenuto di non dover accogliere le doglianze della ricorrente ed ha, pertanto, rigettato il relativo ricorso per le seguenti ragioni.
Secondo gli Ermellini, la decisione emessa in appello è, infatti, corretta e non può trovare applicazione l’art. 627 del Codice penale, riguardante la sottrazione di cose comuni, in quanto è stato provato in giudizio che la donna si era impossessata di una TV, di un mobile porta-tv, di alcuni tappeti e di un tavolino, che l’ex marito aveva acquistato prima del matrimonio, e, quindi, erano di proprietà esclusiva di quest’ultimo.





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