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FALSE ACCUSE ALL'EX COMPAGNO SU FACEBOOK: È DIFFAMAZIONE AGGRAVATA.

  • Immagine del redattore: Avv. Domenico Buccafurri
    Avv. Domenico Buccafurri
  • 3 set 2020
  • Tempo di lettura: 2 min

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Con Sentenza n. 574 del 25 novembre 2019 il Tribunale di Campobasso ha condannato una donna al pagamento di una pena pecuniaria, delle spese processuali, nonchè al risarcimento danni da liquidarsi in sede civile, in quanto ritenuta colpevole del reato di diffamazione aggravata per aver falsamente accusato l’ex compagno di non provvedere al sostentamento del figlio naturale nato dalla loro relazione sentimentale.

La vicenda.

Il fatto trae origine dalla querela di un uomo nei confronti della ex compagna.

In particolare, con un post pubblicato sulla propria bacheca Facebook la donna accusava falsamente il suo ex, offendendone la reputazione, di non assolvere ai propri doveri di padre nei confronti del figlio, nato dalla loro relazione, al punto di far mancare integralmente allo stesso i mezzi necessari al sostentamento.

Oltre a queste accuse, ritenute infondate dal Tribunale, la donna affermava, altresì, che a provvedere al mantenimento del figlio fosse il suo nuovo compagno, vista l’indifferenza da parte del padre naturale.

A seguito della pubblicazione di tali affermazioni sul profilo Facebook della donna, il post veniva condiviso da molte persone, tanto è vero che l’ex compagno diveniva oggetto di numerosi commenti ed appariva, ad un numero indefinito di persone iscritte sul famoso social network, come un individuo totalmente indifferente ai bisogni del figlio.

La decisione e le motivazioni.

Con la Sentenza emessa a seguito del dibattimento, il Tribunale di Campobasso ha ritenuto configurato il reato di diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595, comma 3, del Codice penale, in quanto il mancato pagamento del padre di n. 5 mensilità nel corso di 2 anni, unitamente alla richiesta di affidamento esclusivo del figlio, è tale da non poter considerare veritiere le affermazioni della madre, perchè “non corrispondenti totalmente e fedelmente alla realtà dei fatti” così come evidenziati nel post pubblicato sul profilo Facebook oggetto del processo..

Il Tribunale, pertanto, ha posto a fondamento della decisione le seguenti pronunce della Cassazione:

1. "la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca (...) integra un'ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595, comma 3 c.p., poichè trattasi di una condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone” (Cass. Cass. V, 3.5.2018 n. 40083);

2. la diffamazione aggravata si basa secondo la Cassazione: “nella potenzialità, nella idoneità e nella capacità del mezzo utilizzato, per la consumazione del reato a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone, ancorchè non individuate nello specifico ed apprezzabili soltanto in via potenziale, con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa” (Cass. Pen. Sez. I, 08/06/2015, n. 24431).


 
 
 

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